mercoledì 4 maggio 2011
Di playoff e di MVP (parte 1)
Siamo arrivati alle semifinali di conference e finalmente alcuni giudizi possono essere dati senza che ci si avventuri in particolari previsioni.
Sezione deluse:
- New York: Ok, probabilmente dopo la trade che ha portato Carmelo nela grande mela puntavano ad un posto nelle semifinal come risultato massimo. Ma c'è anche da dire che prima dello scambio i Knicks giocavano molto meglio, Stoudemire aveva molti più palloni giocabili ed avevano un roster molto più futuribile. Arriverà Chris Paul? Lo spero per D'Antony, perché in caso contrario anche il prossimo decennio lo passeranno a rincorrere qualcosa che non avranno. Qualcuno fermi Thomas. Grazie
San Antonio: più che una delusione è la chiusura di un ciclo. Ci aspettavamo i soliti Spurs nei playoff, e invece...
Probabilmente sono stati la miglior squadra del decennio, molto più dei Lakers. Ci mancherà.
I vincenti:
- Miami è tra questi. Fin troppo facile per molti. Ma i dubbi ad inizio anno, anche su questo blog, abbondavano. Hanno trovato una quadratura, stanno annichilendo Boston in semifinale, Wade e Lebron, insieme, stanno giocando da Wade e Lebron. Potrebbero essere imbettibili in una serie di 7 partite.
- 04/10/1988: questa data è importante. E non solo perché veniva al mondo il sottoscritto. Il 4 ottobre 1988 nasceva Derrick Rose, il giocatore più giovane ad essere nominato Mvp nella storia dell'Nba. Un titolo che meritava ampiamente per come ha trascinato i Bulls al primo posto assoluto nella regular season e alle semifinali di conference. E trascinato è la parola adatta. Diciamoci la verità, Chicago è una buona squadra, ma probabilmente se al posto dell'Mvp ci fosse stato qualunque altro giocatore, non sarebbero di sicuro arrivati a questi livelli. I 25 punti di media tenuti in stagione regolare non sono che la punta dell'iceberg. Nei playoff, quando il gioco è cominciato ad essere duro, il nativo di Chicago ha incominciato a fare ancora di più il duro, chiudendo la serie con Indiana (4-1) con 27.6 punti e mantenendo costanti tutte le altri voci statistiche, nonostante le difese molto più serrate. Ma al di là dei numeri, è la leadership che impressiona di questo ragazzo di 22 anni. Ha la squadra sulle spalle, dirige ed orchestra i suoi Bulls a piacimento, e si assume responsabilità pesanti. Nei prossimi anni ne vedremo delle belle
Fine della prima parte. (continua)
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